La questione, mai dibattuta, se i marmorari romani del XII e
XIII secolo, e più in particolare la famiglia dei Cosmati di Tebaldo e Lorenzo,
ebbero un ruolo più o meno significativo nell’architettura religiosa al tempo
della riconquista dei territori dello Stato Pontificio da parte di Innocenzo
III, al confine tra Lazio ed Umbria, è un capitolo totalmente nuovo della
storia dell’arte e dell’architettura che non risulta essere stato mai
affrontato prima d’ora, almeno non in modo organico, approfondito e specifico
relativamente alle opere cosmatesche. In questo libro Nicola Severino,
affermatosi dal 2010 tra i massimi studiosi di pavimenti cosmateschi al mondo,
offre un primo corposo spunto con una analisi dettagliata dei lacerti
pavimentali e delle opere musive che si trovano in molte chiese, seguendo un
itinerario che vede protagoniste basiliche note e meno note da Lugnano in
Teverina ad Assisi e dall’abbazia di Sassovivo a Foligno, tornando indietro
fino a Spoleto. Un lavoro che può considerarsi base indispensabile per
approfondire ogni possibile indagine futura su un corpus di opere cosmatesche
che lungi dal potersi considerare casi isolati, dimostrano e testimoniano
invece una significativa presenza dei magistri
romani, o delle relative botteghe, al
servizio e al seguito del pontefice delle recuperationes, nell’intento di infondere l’essenza del linguaggio
e dell’arte musiva romana, quale diretta espressione del potere papale sui
territori riconquistati.