mercoledì 28 dicembre 2011

DIARIO DEI COSMATI: ROMA 26-27 DICEMBRE 2011

Il giorno di Santo Stefano, sono partito, insieme a mia moglie, per fare due giornate romane alla scoperta di "tesori" cosmateschi, noti e meno noti. Il grosso ormai è fatto, anche se restano alcuni luoghi "intensi" ma di difficile visita per una analisi approfondita, come le Grotte Vaticane, la Cappella Sistina, i Musei Vaticani, ecc.
Seguendo un pò le tracce indicate da Edward Hutton (1950), e da alcuni siti internet che descrivono sommariamente, o approfonditamente, le chiese di Roma, ho organizzato il mio giro in questo modo.
San Giovanni in Laterano, visita generica al Battistero e soprattutto alla Scala Santa, dove sapevo esserci un pavimento cosmatesco. Quindi, a piedi, seguendo via di Santo Stefano Rotondo, arrivare alle chiese del Celio, sia perchè mi piaceva rivederle da quando c'ero stato in agosto del 011, sia per integrare la ricerca, magari trovando qualcosa di inaspettato. E di inaspettato, intanto, abbiamo trovato la chiesa di Santo Stefano Rotondo aperta, forse proprio perchè era il giorno di Santo Stefano! Di cosmatesco, però, non ho trovato nulla, a parte l'architettura forse della facciata e del portico della chiesa. Quindi siamo arrivati, poco dopo, alla chiesa di Santa Maria in Domnica alla Navicella, per la quale avevo letto in alcuni luoghi che sul presbiterio dovevano esserci alcuni resti di pavimento cosmatesco. Invano ho cercato tali tracce, anche sotto i tappeti che non mancano mai, ma nulla. Niente di niente. A meno che qualcuno abbia inteso le piccole porzioni dei gradini dei due altari delle rispettive navate laterali, come "cosmateschi" perchè sono fatti in "opus sectile" di tarsie a losanghe giganti in bianco e nero.

La giornata era di quelle che possono definirsi tra le più belle dell'anno, con un'aria addolcita da un sole, quasi primaverile e resa frizzante dal freddo secco di dicembre. Un cielo azzurrissimo in cui svettavano i monumenti più alti di Roma. Camminare era un piacere, ma alla fine...i chilometri fatti non si calcolavano, con conseguente sfinimento fisico...Sempre nel Celio, abbiamo visitato le "Case Romane", e qui ho trovato piacevoli sorprese, di resti pavimentali in opus sectile di epoca romana e anche quelli sicuramente della chiesa dei Santi Giovanni e Paolo, che si trova addossata e quasi costruita sopra questi monumenti. Splendide tessere cosmatesche, ricostruite nei locali del museo, dove si conservano anche resti di transenne e plutei cosmateschi appartenuti all'arredo della chiesa medievale.

Dal Celio, siamo scesi giù, dopo aver visitato sommariamente Villa Celimontana. Costeggiando le Terme di Caracalla siamo giunti davanti alla basilica di Santa Maria in Cosmedin che però ho già visitato in agosto e quindi abbiamo proseguito per Trastevere dove abbiamo pranzato e ci siamo un pò riposati. Volevo rivedere San Benedetto in Piscinula, ma la chiesa era chiusa e riapriva alle 16,30: troppo tardi.
Da Trastevere ci siamo incamminati passando dinanzi alla sempre ciusa chiesa romanica sull'Isola Tiberina. Quindi, un pò alla volta, siamo giusti in vista di Piazza Venezia. Dopo un caffè ci siamo incamminati per Via del Corso e di fronte a Via Lata ho visitato la chiesa di San Marcello, in cui ho visto un pluteo cosmatesco. Poi siamo andati nella vicina basilica dei Santi XII Apostoli dove anche non sono riuscito a trovare i resti di pavimento cosmatesco citati da altri autori. Alle 17,00 ho considerato chiuso il giro e una passeggiata di oltre 1 km per arrivare a piazza Barberini e prendere la metro era l'ultima operazione da fare.
Il giorno seguente, il 27 dicembre, stanchi della giornata precedente, abbiamo deciso io e mia moglie di fare una sola visita: l'abbazia delle Tre Fontane, arrivandoci in auto.
Anche qui non ho trovato nulla di particolare, se non alcune tracce di arredi cosmateschi e le molto esigue tracce di pavimentazione musiva ricostruita nelle zone laterali dell'abside della chiesa di S. Maria in Scala Coeli.
Ma l'avventura non finisce qui...domani, 29 dicembre, ci aspetta Ravello e Scala con i rispettivi monumenti sacri, come il Duomo con i pulpiti cosmateschi e, se si fa in tempo, un pensierino anche al duomo di Amalfi, anzi, al chiostro del duomo di Amalfi...ma questa è un'altra storia!

lunedì 19 dicembre 2011

I Cosmati nell'arte, parte prima: Giotto

INFLUENZE COSMATESCHE NELL’ARTE PITTORICA DAL XIV AL XVI SECOLO

La bellezza estetica e spirituale che le opere cosmatesche dovettero suscitare negli animi dei giovani artisti che si formarono nel periodo immediatamente successivo ai marmorari del XII e XIII secolo, finirono per influenzare in modo determinante tutta l’arte pittorica fino a tutto il Rinascimento.

La finezza delle decorazioni minute che i maestri Cosmati e marmorari dell’Italia centro meridionale lasciarono in eredità ai loro successori, non poteva passare inosservata e non poteva non essere accolta con entusiasmo dai giovani talenti che formarono le scuole pittoriche, specie quelle del XIV secolo, quando l’arte cosmatesca lasciava un’impronta ancora troppo forte e vivida, perché ben conservata, che era davanti agli occhi di tutti.

Sebbene l’operato dei maestri Cosmati, cioè della famiglia di Lorendo di Tebaldo, possa considerarsi esaurito entro la metà del XIII secolo, la produzione di monumenti nello stesso stile, per quanto riguarda soprattutto gli arredi delle chiese e, nella fattispecie, le cappelle gotiche delle tombe dei personaggi importanti, continuò con le famiglie di marmorari successive, fino alla fine del 1200. Così, dal 1264 al 1279 troviamo all’opera Cosma II, figlio di Pietro Mellini e i figli di quest’ultimo, Iacopo III, Giovanni, Deodato, Pietro e un incerto Carlo che lavorarono fino al 1299 ad eccezione di Deodato, forse l’ultimo, che è attestato dal 1290 al 1332. E questi sono gli ultimi maestri della scuola cosmatesca i quali lasciarono il posto a quella nuova generazione di talenti che iniziavano a scrivere la storia dell’arte pittorica italiana. Il primo e più famoso tra questi è certamente Giotto di Bondone che nacque nel 1267 ed era quindi giovanissimo quando i figli di Pietro Mellini firmavano i loro lavori sul finire del 1200.

Possiamo immaginare come la sua giovane mente fosse influenzata dalle meravigliose decorazioni musive degli arredi religiosi che poi riprodusse fedelmente in molte delle sue opere, sia nella raffigurazione dei monumenti che come elementi decorativi spaziali. E’ in questo periodo, infatti, e per mano sua e dei suoi seguaci, che le rappresentazioni decorative cosmatesche sono realizzate con quel senso di totale realtà dimensionale, e di bellezza cromatica, come fosse una continuazione dell’opera dei maestri marmorari che fino ad allora avevano avuto il compito di decorare i monumenti religiosi. Sembra quasi di cogliere come uno spirito di conservazione di una bellezza artistica che di li a poco sarebbe svanita nel nulla e di cui si sarebbe potuto conservare solo un nostalgico ricordo. Così Giotto sembra intepretare l’arte musiva dei Cosmati che riproduce in modo totalmente fedele sia nei complicati patterns geometrici che nella simmetria dei colori di ciascuna tessera che li compone. Come se avesse avuto l’intenzione di non far dimenticare i dettagli di un’arte che, sebbene nell’ultimo periodo dalla sua fioritura, egli stesso aveva vissuto in prima persona. Infatti, nel 1280, durante un suo viaggio a Roma, conobbe Arnolfo di Cambio che forse lo introdusse nel cantiere di Assisi dove lavorarono anche altri artisti romani, come Jacopo Turrita e Filippo Rusuti.

In Giotto si ha forse la più significativa rappresentazione delle decorazioni cosmatesche raffigurate in modo talmente reale da far rivivere pienamente lo spirito e l’arte dei marmorari cosmati. Così egli riproduce minuziosamente i patterns geometrici formati con i quadratini, o con i triangoli, i motivi di stelle come viste nel chiostro dei Santi Quattro Coronati, e ne forma le fasce decorative perimetrali di portali, addirittura di colonne tortili, di campiture degli archi gotici di cappelle funerarie e sepolcri, trabeazioni, transenne presbiteriali, troni e addirittura in qualche caso raffigura porzioni di pavimento con motivi cosmateschi, come nella Presentazione di Cristo al Tempio dove inserisce motivi a stelle tra tessere esagonali, e un San Pietro in Trono con un pavimento di variegati motivi cosmateschi. Insomma si sente che egli è il più grande pittore che si forma sotto la diretta influenza dell’arte dei Cosmati.

Esempi di decorazioni cosmatesche nelle opere di Giotto.