venerdì 18 novembre 2011

DIARIO COSMATESCO


DIARIO COSMATESCO

Ovvero biografia delle mie ricerche sull’arte cosmatesca

Ferentino. Cattedrale. Serie di guilloche cosmatesche (foto N. Severino)

Nel 2009 iniziai un “itinerario fotografico” degli affreschi medievali più importanti, cercando di prediligere quelli meno conosciuti, che si trovano sul territorio della media e bassa Ciociaria. Avevo escluso gli affreschi di Anagni, per esempio, non solo perché i più rinomati, ma anche per la notevole distanza da Cassino che avevo scelto come centro di un ipotetico cerchio dal raggio geografico limitato al basso Lazio.

Un giorno, giunto nella piccola chiesetta di Santa Maria Maggiore, nella vallata di Sant’Elia Fiumerapido, mi trovai dinanzi ad un meraviglioso ciclo di affreschi votivi e ad un raro esempio di altare dipinto attorno al quale si estendeva una modesta ma significativa porzione di un pavimento costituito da tessere marmoree colorate e disposte a formare dei bizzarri motivi geometrici. Il libro di Giulia Orofino, Affreschi in Val Comino e nel Cassinate, che fino ad allora avevo preso come “palinsesto” del mio itinerario, descrivendo tali opere definiva il pavimento “cosmatesco”. Era la prima volta che leggevo quel termine e mi catturò subito. Dopo pochi giorni la parola continuava a ronzare nella mia testa e volevo saperne di più, ma scoprii che i riferimenti letterari sull’argomento erano di difficilissimo reperimento. Per fortuna, lo stesso libro di Orofino conteneva un esauriente capitolo sull’argomento, curato da Michela Cigola. Scoprii così, ancora una volta, che la storia di quei monumenti musivi iniziava da Montecassino, da quell’abbazia che vedo e saluto ogni giorno andando al lavoro a Cassino. Quelle mura tante volte ricostruite che dall’alto del suo monte sovrasta la vallata del Liri contrastando e superando la nebbia e le nuvole.

Come sempre accade in questi casi, ci deve essere qualcuno, un amico, un collaboratore, una persona casuale, che ti spiana la strada e ti apre le porte alla ricerca. Questa persona è subentrata casualmente, ma come per destino, in questa storia a causa dei suoi rapporti di lavoro con il mio ufficio, scoprendo insieme la comune passione per la gnomonica e per i pavimenti cosmateschi.

Arturo Gallozzi, ingegnere, professore all’Università di Cassino e collaboratore della prof.ssa Michela Cigola, un giorno venne a trovarmi, portandomi, su mia richiesta, qualche carta che potesse aiutarmi a saperne di più sull’argomento dei Cosmati. Si trattava di un malloppo di almeno due chilogrammi di carta che comprendeva note personali scritte da lui stesso, articoli ed estratti da libri e riviste, tra cui l’importantissima ed introvabile catalogazione dei pattern cosmateschi fatta da Piazzesi e Mancini nel 1950!

Devo dire che senza questo straordinario contributo non so se avrei potuto affrontare le ricerche e gli scritti che ne sono derivati con la completezza di informazioni dovuta ad una così importante mole di documenti.

Oltre all’aiuto ricevuto da Gallozzi, con il quale ho poi intrattenuto sempre un reciproco scambio di opinioni in merito, di confronti e suggerimenti che mi hanno notevolmente arricchito culturalmente, la possibilità di trovare una buona parte di documentazione digitale in internet è stata un’altra fortunata occasione, direi provvidenziale. Attraverso il web ho potuto consultare alcune principali opere, come quelle di Camillo Boito, di G.Battista De Rossi, di Gustavo Giovannoni, di Clausse, Mathiae, oltre che numerosi articoli di valenti studiosi e voci enciclopediche.

Un’altra fase di queste ricerche documentali l’ho svolta nella Biblioteca Monumento Nazionale dell’Abbazia di Montecassino, dove sono di casa almeno dal 1990. Nonostante non abbia trovato l’opera più specifica di Dorothy Glass, Studies on Cosmatesque pavements, la cui assenza mi ha tormentato fino al luglio del 2011, quando ne ho potuto avere una parte da una giovane collaboratrice laureanda in architettura, nella biblioteca benedettina ho potuto consultare le fondamentali opere di Emile Bertaux, con gli aggiornamenti di Anna Carotti per le zone geografiche di mio interesse; il famoso libro The Cosmati, di Hutton, il volume sui marmorari romani di Bessone-Aureli, importanti articoli che si trovano in riviste specializzate come la Benedictina, Napoli Nobilissima, il Bollettino d’Arte, ecc., nonché la grande Enciclopedia della Storia dell’Arte Medievale.

Per gli aggiornamenti e gli approfondimenti di alcuni particolari capitoli di questa cultura a me sconosciuta fino all’estate del 2010, mi sono avvalso della fondamentale opera dell’architetto Luca Creti, In Marmoris Arte Periti: la bottega cosmatesca di Lorenzo tra il XII e il XIII secolo, pubblicata nel 2010; di un suo volumetto uscito otto anni prima, nel 2002, dal titolo I Cosmati a Roma e nel Lazio, che può definirsi una introduzione al libro principale, e il libretto di Enrico Bassan Itinerari Cosmateschi: Lazio e dintorni, pubblicato nel 2006.

Con questa piccola biblioteca alla mano, iniziai la mia avventura cosmatesca, alla scoperta dei monumenti noti e meno noti.

Essendo di origini campane, più precisamente nativo di Sparanise, un piccolo borgo agricolo in piena terra di lavoro, senza una storia medievale importante e monumenti normanni, a 24 chilometri a nord di Caserta e a quindici dalle rive del Tirreno presso Mondragone, rimasi perlomeno stupefatto nell’apprendere che intorno al mio paese vi erano giunti, alla ricerca degli stessi monumenti che ora interessavano me, personaggi come Bertaux ed altri studiosi.

Teano, Sessa Aurunca, Carinola, Calvi Risorta, Capua, Aversa, Caserta Vecchia…tutti paesi che per me avevano rappresentato fino ad allora solo dei confini geografici con la mia realtà quotidiana di cittadino sparanisano, all’oscuro delle bellezze storico-artistiche che avevo a due passi, divennero ad un tratto l’irresistibile meta delle mie nuove ricerche e la personale rivincita culturale sull’ignoranza cui ero stato abituato da piccolo in un ambiente ostile ai libri e alla cultura. Mi resi subito conto che le opere cosmatesche esistenti sul territorio dell’alta Campania erano state appena citate da Bertaux e Anna Carotti, mentre mancava uno studio analitico approfondito dei singoli monumenti, specialmente per quanto riguarda un censimento completo e uno studio comparativo delle opere campane con quelle del basso Lazio ed i possibili rapporti tra i marmorari meridionali e laziali.

Alla fine di agosto del 2010, iniziai il mio tour alla ricerca delle opere cosmateche nel basso Lazio e nell’alta Campania. I risultati sono stati raccolti nei cinque volumi fondamentali che ho pubblicato di recente aprendo una “Collana di Arte Cosmatesca”:

1) La cattedrale di Ferentino, in cui esamino uno dei più importanti pavimenti cosmateschi pervenutici ed attribuito con fonti documentali storiche accertate al maestro Iacopo di Lorenzo. Insieme al litostrato ho dato uno sguardo anche all’importante arredo liturgico costituito soprattutto dal notevole ciborio firmato da Drudo De Trivio;

2 La cattedrale di Anagni, in cui esamino gli altri due pavimenti, quello della basilica superiore e quello della cripta di San magno, firmato da Cosma e Luca, figli di Iacopo, che insieme a quello di Ferentino costituiscono, a mio sapere, i tre pavimenti cosmateschi più importanti del mondo in quanto sono gli unici ad essere attribuiti con certezza, uno documentale, l’altro grazie alle firme incise sul gradino della cripta, ai maestri Cosmati. E sono forse tra i pochi pavimenti ad essere arrivati a noi sostanzialmente nella struttura ed organicità del disegno unitario come fu concepito in origine dai maestri marmorari romani. La gran parte dei pavimenti di Roma e del Lazio, infatti, sono stati tutti smantellati e ricostruiti in modo arbitrario, sconvolgendo e destrutturando in modo definitivo l’originario disegno comatesco; insieme al pavimento, esamino anche i numerosi reperti che fanno del Museo Lapidario della cattedrale uno dei più ricchi al mondo di reperti architettonici e di arredi liturgici medievali.

3) Il pavimento cosmatesco della chiesa di San Pietro in Vineis ad Anagni. Questo è una mia scoperta, nel senso che essendo il pavimento quasi completamente sconosciuto alla letteratura cosmatesca antica e moderna, non solo l’ho riesaminato sulla base dei reperti oggi visibili, ma ho tentato una ricostruzione cronologica, una analisi stilistica che grazie al confronto con i vicini pavimenti della cattedrale, mi ha permesso di stabilire una accertata attribuzione alla bottega di Lorenzo;

4) Le Luminarie della fede: itinerari cosmateschi nell’alta Campania. In questo volume ho descritto e analizzato tutti i reperti che ho trovato nei luoghi citati in precedenza, scoprendo molte cose interessanti;

5) Le luminarie della fede: itinerari cosmateschi nel basso Lazio. Il proseguimento del volume precedente riguarda il censimento e descrizione delle opere che ho trovato sul territorio del basso Lazio ed anche qui le sorprese non sono certo mancate;

6) Il pavimento precosmatesco della Basilica di Montecassino. In realtà questo volume, che copre in formato A4 oltre 250 pagine, è uno dei primi che ho scritto essendo partito dallo studio del pavimento della chiesa abbaziale di Montecassino per cercare di capire di suoi derivati che ho poi visto nelle regioni limitrofe. Il volume è in attesa di pubblicazione da parte dell’Abbazia di Montecassino.

7) I pavimenti precosmateschi dell’Abbazia di San Vincenzo al Volturno. Questo studio specifico potrebbe essere compreso nel volume su Montecassino o pubblicato a parte;

8) Pisa Cosmatesca. Uno studio analitico dei pavimenti che si trovano nel Duomo e nel Battistero di Pisa;

9) Il pavimento cosmatesco del Duomo di Salerno. E’ l’ultimo mio lavoro, alla data di oggi, 18 novembre 2011.

Su quest’ultimo c’è da dire che non sono molti gli studi dedicati al monumento musivo salernitano. Tutti hanno trattato più o meno in dettaglio dei mosaici degli arredi, ma pochi hanno speso qualche parola per il notevole pavimento cosmatesco. Lo stesso Bertaux sembra non averne fatto alcun cenno, nonostante abbia dedicato molto spazio invece agli arredi del Duomo. Arturo Carucci e soprattutto Antonio Braca hanno colmato il vuoto lasciato fino a pochi anni fa, ma entrambi non hanno fatto una analisi specifica dal punto di vista dell’arte cosmatesca, attenendosi principalmente alla ricostruzione di una cronologia storica e di possibili ipotesi circa l’iconografia e l’iconologia del litostrato musivo. Mancava una analisi specifica che mettesse a confronto i singoli dettagli del pavimento con le lunghe e diverse vicende storiche a cui esso è legato e con gli altri pavimenti coevi. Tutto ciò, basando le mie ipotesi alla luce dell’esperienza acquisita nel corso delle numerose analisi dei pavimenti esistenti nelle più importanti chiese di Roma, del Lazio meridionale e dell’alta Campania.

Dal 9 al 13 luglio del 2011, ho impegnato cinque dei miei giorni di vacanze estive per visitare 28 chiese romane ed i suoi relativi monumenti cosmateschi. La grande mole di dati fotografici raccolta sarò l’oggetto del mio nuovo lavoro di analisi sui pavimenti cosmateschi di Roma per sfatare leggende e raccontare una realtà che non sempre è stata intesa come tale.


Minturno. Duomo di San Pietro, Pulpito (foto N. Severino)


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