martedì 18 ottobre 2011

Divagazioni Cosmatesche Romane - Prima parte


Dal 9 al 13 luglio del 2011 ho dedicato cinque giorni della mia esistenza ad una vacanza romana. Volevo farlo da molto tempo, ma qualcosa mi aveva sempre inspiegabilmente trattenuto. Stavolta no, avevo un impegno con me stesso: fare un tour alla riscoperta dei pavimenti cosmateschi romani e delle opere legate agli arredi presbiteriali medievali, magari cno la speranza di trovare qualche piccolo reperto in più meno noto.
Dopo aver fatto lo stesso nell'alta Campania, ora toccava a Roma, la patria dell'arte cosmatesca in generale. La missione aveva un duplice scopo: quello di fare una ricognizione generale (anche se limitata agli itinerari prefissati), verificando effettivamente cosa si vede attualmente nelle basiliche romane e quello di confrontare il tutto con le opere dislocate sull'intero territorio del Lazio.
Ovviamente tutto ciò inteso quale prima campagna di ricerca delle opere cosmatesche, ed in particolare i pavimenti, presenti in Roma nell'intento di studiarle, analizzarle e divulgarle nel mio prossimo libro che mi accingo a scrivere per il 2012.
Gran parte delle opere di arredo e architettoniche sono state già esaminate da alcuni studiosi e in particolar modo dall'architetto Luca Creti in un lavoro che ritengo essere la migliore pubblicazione sull'argomento oggi in Italia e nel Mondo. Il libro si intitola In Marmoris Arte Periti. La Bottega Cosmatesca di Lorenzo tra il XII e il XIII secolo, pubblicato nel 2010 a Roma per le edizioni Quasar. Il volume è la stampa della tesi di dottorato dell'autore che fu preceduta da un altro libretto, sempre a sua firma, dal carattere quasi introduttivo, intitolato I Cosmati a Roma e nel Lazio, in cui viene ripercorsa la storia degli studi, delle scoperte, delle interpretazioni epigrafiche, la cronologia e la genealogia dei Cosmati in un quadro universale più ampio in cui trova posto anche il rapporto dei marmorari romani con le scuole dell'Italia meridionale e un quadro generale storico-artistico di Roma nel XII secolo.
Nella letteratura italiana moderna però, se si eccettua il volume di Dorothy Glass Studies on Cosmatesque Pavements, del 1980, non si hanno altre pubblicazioni specifiche sull'argomento dei pavimenti cosmateschi.
Inoltre, al momento in cui scrivo, esistono vari studi sistematici, o di approccio, alla classificazione e interpretazione dei pattern utilizzati dai Cosmati nei loro pavimenti, mentre la Glass ha tentato di discutere un modus operandi di analisi ed un tentativo di studio iconologico che da una parte si è rivelato efficace, dall'altro fallace in quanto le interpretazioni personali sulla base di elementi stilistici e tipologici alterati dalla storia, può portare spesso a risultati fuorvianti se non addirittura erronei. Valga per tutti il caso dei "pavimenti provinciali" interpretati da Glass come il frutto di artisti minori che tentavano di imitare i Cosmati. A tal proposito si può vedere il mio studio specifico nel libro Le Luminarie della Fede vol. 5, Itinerari d'arte cosmatesca nel basso Lazio, 2011.
Oltre ad un articolo abbastanza datato di Guiglia Guidobaldi e un libretto di itinerari cosmateschi di Enrico Bassan, null'altro si trova attualmente di specifico sui pavimenti romani.
Da queste constatazioni è nata la mia idea di intraprendere una ricerca mirata alla scoperta dei pavimenti cosmateschi di Roma.
Devo premettere che prima di luglio, in più fasi avevo già visitato alcune tra le più importanti basiliche: Santa Croce in Gerusalemme, San Lorenzo fuori le Mura, San Clemente, San Giovanni in Laterano, Santa Maria Maggiore, Santa Prassede e i SS. Quattro Coronati.
Così, il 9 luglio presi il treno e mi recai a Roma, dove rimasi "ospite" per 5 giorni a casa di mia figlia che studia medicina alla Sapienza (l'affitto della casa lo pagavo io ovviamente! Quindi avevo tutto il diritto di essere ospite di me stesso!).
Il 630 e il 63 erano i miei numeri preferiti, ovvero le circolari che mi portavano ogni mattina alle otto in centro, partendo dai pressi del quartiere Coppedé.
Il programma prevedeva un giro compreso in un cerchio topografico con centro Piazza Venezia e raggio Piazza Navona-Colosseo. Così il primo giorno il tour inizia nel pomeriggio alle 16 dalla Basilica di San Marco al Campidoglio, giusto di fronte al Vittoriano.
Entrati nella chiesa si scorge sul pavimento solo un riquadro , centrale nella navata principale, di dimensioni medio grandi, con un quinconce stilisticamente del tutto precosmatesco. Ricostruito in qualche fase di restauro che ha interessato la chiesa.
Fa un certo effetto entrare in una così importante basilica e trovare solo una esigua traccia dell'antico pavimento cosmatesco di cui era certamente dotata. Così, viene spontaneo chiedersi: ma che fine avrà fatto il resto del pavimento? Una parte, molto bella, è sul presbiterio rialzato, ma la superficie totale di questo non può andare a coprire il vuoto che si vede in quello sottostante al centro della navata. Sarà andato distrutto? O disperso? O trasportato in qualche altro luogo?




Con questi interrogativi esco dalla basilica che inaugura il tour cosmatesco di Roma, per recarmi a quella vicinissima di Santa Maria in Aracoeli. Si attraversa la piazza Venezia, andando verso il lato sinistro del Vittoriano e in pochi minuti si raggiunge la grande scalinata dell'Ara Coeli, ma io preferisco prendere l'ingresso dalla parte del Campidoglio, meno faticoso. Entro e mi trovo di fronte allo spettacolo di una basilica enorme, in cui i visitatori sono dapprima sopraffatti dai colori vivaci, spettroscopici, dei raggi di sole che nel pomeriggio filtrano attraverso il finestrone della facciata andando a creare singolari e mistici effetti cromatici sul pavimento. cco, il pavimento: ancora un vuoto, enorme, in cui curiosamente le partizioni rettangolari che usualmente sono campite con motivi geometrici qui lasciano il posto a lastroni di marmo, mentre le fasce marmoree che in genere fungono da perimetro alle partizioni sono qui decorate a motivi gemetrici cosmateschi! Una idea impensabile al tempo dei Cosmati. Solo una mente di uomo barocco potrebbe aver pensato una cosa simile. Diversamente, sul presbiterio, sempre rialzato, si vede tutt'altra situazione, ma ciò che risalta subito agli occhi è un miscuglio di detriti, reperti, porzioni pavimentali miste che formato un lastricato semi-musivo senza alcun carattere stilistico definito. Un guazzabbuglio barocco, formato da rappezzi di materiale di reimpiego di ogni sorta, dai dischi di porfido di ogni dimensione, interi, frammentari, incompleti, a marmi epigrafici, lapidi tombali e via dicendo. La ricchezza dei reperti, però, è tale da far intendere subito quale possa essere stato lo splendore dell'arredo medievale di questa chiesa. E sto parlando solo del pavimento senza tener conto dei più famosi amboni di Lorenzo e Iacopo che da soli costituiscono un monumento cosmatesco tra i più importanti della capitale.



Quando si crede di aver finito, è l'ora di cercare i "dettagli". Scandagliare la chiesa il meglio possibile, almeno fin dove si può arrivare per l'apertura al publico. Così, scorgo con sorpresa che le cappelle della navata destra (rispetto all'entrata della facciata sulla scalinata dell'Ara Coeli), sono arricchite di pavimentazione cosmatesca.
Perchè le cappelle hanno un pavimento cosmatesco completo e il centro della navata principale no? L'occhio ormai abituato all'opera, allo stile, ai colori, alla foggia, alle tipologie, ai pattern della bottega cosmatesca di Lorenzo, scorge subito un quinconce nella prima cappella che è identico stilisticamente a quello presente nella basilica di San Marco che mi ero lasciato alle spalle poco prima. Ecco dov'è finito il resto del pavimento di San Marco...E' stato trasportato qui, a Santa Maria in Ara Coeli, per abbellire parte di questa chiesa.
Lo stile è inequivocabilmente quello dei Cosmati di Lorenzo, e anche la tipologia dei materiali è quella riscontrata in San Marco. Non vi sono dubbi, almeno per me.
La conferma a questa mia idea è data anche dalla constatazione che le ripartizioni rettangolari attorno al quinconce di questa cappella, sono conformi stilisticamente alla scuola di Lorenzo e quindi non solo il quinconce, ma anche parte delle ripartizioni furoto staccate da San Marco, per essere portate qui all'Ara Coeli e montate insieme come per conservare il tutto nello stile originale.
Il resto del pavimento della chiesa, al centro della navata e nel presbiterio è un misto di stili che può spiegarsi solo in due modi: o la ricostruzione, dal barocco in poi, di tutto il litostrato ha interessato il reimpiego di materiali provenienti da diverse strutture religiose (tra cui la vicina San Marco e forse S. Maria in Via Lata che non ha più il pavimento cosmatesco, come anche Santa Maria Nova dove si ripete il solo quinconce nella navata, ecc.), o in questa chiesa si sono sommate le opere di diverse botteghe di marmorari romani tra cui certamente quella di Lorenzo che si riscontra negli amboni e in diversi reperti pavimentali. Molte sono le tracce che, stando alla tradizione, è facile riscontrare che non appartengono a questa bottega. Esse sono visibili in diversi e molteplici stili di pattern mai usati dai Cosmati laurenziani, ma forse più vicini allo stile dei Ranuccio. Mentre alcune tipologie di tessere, come quelle "gibbose" o a semicerchio, e i relativi disegni geometrici, indicano che anche qui esisteva originariamente un pavimento precosmatesco e dei sicuri rifacimenti cosmateschi del XIII secolo.
La cappella successiva mostra un pavimento "cosmatesco" realizzato con materiale di reimpiego, anch'esso molto probabilmente derivato dalla basilica di San Marco e rimontato nel 1800 alla meno peggio, ma in modo totalmente arbitrario e secondo un gusto e una tecnica degli artefici che in nessun modo poteva avvicinarsi allo spirito dei maestri romani del XII secolo.
In una terza cappella si vede ciò che io credo si tratti di una cospiqua parte del pavimento, forse meglio conservato, preso da San Marco e rimontato qui.
Quindi, n definitiva, in questa chiesa dell'Ara Coeli, si sommano le componenti di almeno due famiglie di artisti marmorari appartenenti a due distinte botteghe. Cronologicamente si potrebbe pensare ad un primo intervento da parte della bottega di Lorenzo, ma forse anche del padre Tebaldo, o insieme, quando fu costruita la primimita chiesa romanica a metà del secolo XII e le tracce del litostrato musico sono riconoscibili negli elementi precosmateschi tipici della botega laurenziana, che ho potuto vedere anche in altri monumenti simili, come il pavimento della chies adi San Nicola a Genazzano, originariamente della basilica di San Giovanni in Laterano. A questa prima chiesa primitiva doveva appartenere anche l'ambone eseguito da Lorenzo e Iacopo.
La storia della chiesa ci dice che i successivi stravolgimenti architettonici si ebbero verso la fine del '200 quando vi entrarono i Francescani, ma sinceramente mi sembra un periodo troppo tardivo per riferirvi gli stili del pavimento musivo che non sembrano essere attribuibili alla bottega di Lorenzo. Ma è difficile stabilire cosa sia potuto accadere al pavimento della chiesa nei momenti delle trasformazioni architettoniche e decorative. Le parti pavimentali di stile diverso da quello di Lorenzo potrebbero anch'esse essere state trasportate da un'altra chiesa al momento dei lavori di trasformazione edilizia e di restauri.
Una chiesa in cui convivono diversi elementi storici e artistici dell'arte cosmatesca che denunciano le infinite trasformazione che il monumento ha subito durante tutti questi secoli.






Basilica di S. Maria in Aracoeli, interno.


Il pavimento della chiesa nella navata centrale


L'ingresso secondario della chiesa


L'ingresso principale, con la lunga scalinata dell'Ara Coeli


Il pavimento sul presbiterio nella basilica di San Marco


Il quinconce al centro della navata in San Marco



La Basilica di San Marco, interno.



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